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Nella
zona subalpina forme selvatiche di vite erano presenti sin dall'inizio
del Terziario. Nonostante l'azione devastatrice delle successive
epoche glaciali, la vite silvestre riuscì
a ridiffondersi e ad essere avviata ad una rudimentale coltivazione
dalle comunità umane presenti. A conferma di questo si
possono ricordare i reperti risalenti all'età del Bronzo
rinvenuti nelle zone palafitticole del Garda, di Ledro e di Fiavè.
A queste viti autoctone (Vitis vinifera spp.
Silvestris) vennero progressivamente a sovrapporsi o a mescolarsi
le varietà di vite originarie dell'area caucasica
(proles orientali). Nella Penisola, compresa la zona subalpina,
le forme selvatiche subirono dunque un'azione di ibridazione naturale
ed una costante pressione e selezione ad opera dell'uomo, fino
ad evolversi nelle varietà coltivate.
FIORENTE ATTIVITA' DI PRODUZIONE:
A dimostrare la fiorente attività di produzione e trasformazione
dell'uva delle popolazioni di stanza nelle terre reto - venete,
si può far riferimento alla "Situla di Cembra",
un raffinato bacile bronzeo risalente al VII - VI secolo a.C.
rinvenuto in Val di Cembra nel 1838. Essa riporta sui bordi un'iscrizione
che inneggia alla qualità del vino ed era probabilmente
usata per riti in onore di Bacco e del suo balio Sileno.
L'asta atesina (Valle dell'Adige) fu interessata anche dalla trasmigrazione
dei Celti provenienti d'oltralpe. In particolare alcuni nuclei
celtici dei Galli Cenomani colonizzarono le pendici delle Prealpi
Bresciano - Veronesi per poi stabilirsi nella Valle dell'Adige
ove affiancarono alla costruzione di insediamenti urbani e di
altre attività economico - agricole la coltivazione della
vite e la produzione ed il commercio del vino. Una conferma in
tal senso è la roncoletta gallica scoperta
ad Isera nella Val Lagarina (porzione meridionale della Valle
dell'Adige).
La successiva presenza romana agì nel solco della precedente
tradizione stimolando, come altrove, il perfezionamento delle
tecniche di coltivazione e di trasformazione. Di questa fiorente
attività ne sono testimonianza numerose opere letterarie
della civiltà classica (Svetonio, Tubillio, Plinio, Catone,
etc)
La tradizione vitivinicola atesina subì una contrazione
in coincidenza dello sfaldamento dell'Impero Romano e delle invasioni
barbariche. Nei secoli XV e XVI si assistette all'introduzione
e diffusione di vitigni particolari come il Marzemino
in Val Lagarina. Grazie allo straordinario evento del Concilio
di Trento (1545 - 1653) ed all'opera del Mariani, che del Concilio
fu attento cronista, i vini trentini divennero conosciuti ed apprezzati
anche al di fuori dei locali confini.
LA CRISI DELLA VITE:
La viticoltura perse la sua preminente importanza durante il periodo
di sviluppo della sericoltura (1750 - 1850) quando l'agricoltura
si indirizzò verso la coltura del gelso;
tuttavia dopo la diffusione delle malattie che colpirono questa
pianta e la conseguente moria dei bachi da seta la vite riconquistò
la posizione perduta. La seconda metà dell'ottocento fu
caratterizzata dalla penetrazione di tre avversità devastanti
quali l'oidio, la peronospera e la fillossera che determinarono
alcuni anni di crisi profonda in molte regioni europee.
LA RINASCITA:
Preminente, nella rinascita viticola post - fillosserica, fu il
ruolo esercitato dall'Istituto Agrario di San Michele
all'Adige, istituzione fondata nel 1874 e tuttora elemento
ispiratore della viticoltura e dell'agricoltura del territorio
atesino.
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